I risultati mostrano che, in seguito alla richiesta della Commissione, alcune piattaforme hanno rimosso o bloccato milioni di annunci pubblicitari o elenchi di prodotti fuorvianti. L'esame, effettuato dalla rete di cooperazione per la protezione dei consumatori (CPC), ha riguardato due aspetti:
- uno screening di alto livello delle piattaforme online
- un'analisi approfondita di annunci pubblicitari e siti Web specifici collegati a prodotti molto richiesti a causa del coronavirus.
Le autorità di protezione dei consumatori dei 27 paesi che hanno partecipato allo screening di alto livello delle piattaforme online hanno inviato 126 risposte riguardanti sia le società con cui la Commissione ha avuto contatti regolari sia altri attori nazionali. Particolare attenzione è stata riservata alle offerte di a maschere e cappucci protettivi, gel igienizzanti, kit per i test, nonché prodotti, integratori alimentari e non alimentari con presunti effetti curativi legati al coronavirus.
In 38 casi, le autorità CPC hanno riscontrato una serie di offerte o pubblicità ingannevoli relative a prodotti promossi nel contesto del coronavirus, che affermavano che i prodotti pubblicizzati erano in grado di prevenire o curare l'infezione ed inoltre erano offerti a prezzi eccessivi. Inoltre, è emerso che i commercianti che promuovevano questi prodotti, si sono avvalsi di immagini o illustrazioni grafiche che contenevano errori ortografici intenzionali per evitare i filtri automatici di ricerca basati sui testi.
Nel complesso, lo screening ha dimostrato che lo scambio in corso tra la Commissione e le principali piattaforme online sta dando i suoi frutti.
Alcuni risultati principali:
Google ha bloccato o rimosso oltre 80 milioni di annunci correlati al coronavirus (a livello globale);
eBay ha bloccato o rimosso più di 17 milioni di elenchi dal proprio mercato globale che violano le norme dei consumatori dell'UE;
Amazon ha osservato una riduzione del 77% del numero settimanale di nuovi elenchi di prodotti con dichiarazioni relative al coronavirus rispetto a marzo.
L'indagine approfondita ha coinvolto 268 siti Web, 206 dei quali sono stati oggetto di ulteriori indagini per potenziali violazioni del diritto dei consumatori dell'UE.
Inoltre è emerso che:
- 88 siti web contenevano prodotti con pretese di presunti effetti curativi o preventivi contro il coronavirus;
- 30 siti web contenevano affermazioni inesatte sulla scarsità di prodotti;
- 24 siti web sono stati sospettati di pratiche sleali per giustificare i prezzi eccessivi.
E'anche emerso che in 39 casi il prezzo di vendita e il prezzo unitario non sono stati visualizzati in modo inequivocabile, facilmente identificabile e chiaramente leggibile. Inoltre, le autorità CPC hanno anche osservato che ai consumatori non sono state fornite informazioni chiare e complete su tutti gli aspetti pertinenti, come l'identità dell'ente (su 58 siti Web), l'indirizzo della sede (su 62 siti Web) o il referente da contattare per informazioni inerenti i prodotti offerti (su 58 siti Web).
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